Federico De Angelis

Federico De Angelis

Federico De Angelis riusciva ad usare la tempera all'aperto, operazione difficoltosa e appena fattibile con accorgimenti intuitivi senza indizi di certezza. Si può ammirare con quale felicità ha risolto, l'ha dipinto più volte, il porticciolo prospettandolo da diversi punti di vista. Quei riflessi sull'acqua delle case allineate lungo il molo sono discreti contenuti, infinitamente divergenti in qualità dai modi troppo vistosi e senza garbo - un vero guazzabuglio - con i quali si deliziavano i Variopinto e i Fabbricatore. Aveva un raro finissimo senso della misura, ignoto ai colleghi partenopei suoi contemporanei. Mettetevi di fronte ad una delle nature morte dipinte da lui e osservate quanto armoniosi sono gli spazi in cui sono disposti gli elementi della composizione. Quell'armonia, che è l'essenza dell'arte, di tutte le arti, vi fa dimenticare tutti gli ismi delle ricerche estetiche di ieri e di oggi. Era uno di quegli esseri pervasi dallo spirito che bastano a se stessi. Gli è sempre mancato quasi l'indispensabile, ma aveva una certa fierezza, una certezza giaceva negli strati profondi della sua coscienza, la quale non avrebbe potuto sopportare le indicibili difficoltà che ha dovuto affrontare. Spesso vi sono degli ingegni che non si rivelano compiutamente: saepe ingenia in occulto latentia, per dirla con i latini. Cresciuto in un ambiente propizio, ci avrebbe lasciato una testimonianza più importante e più verace della sua esistenza. Un giorno lo trovai, nella sua casa costruita a livello delle pinete, ma in seguito risultata tre o quattro metri sotto il piano stradale, intento a costruirsi con dei mattoni un forno a legna per la ceramica. Ne sfornò di bellissime e ricordo certe tavole con dei cavallini in bassorilievo che ci dicono della sua disponibilità per la plastica. Mi davano gioia a vederli, sprizzavano vivacità. Davvero sono stato colpito dal brio e dall'estrosità propri dei puledri, e mentalmente sono riandato all'idea-modello platonica: sto parlando della "cavallinità"; ed è quanto meno singolare il fatto che questo nobilissimo quadrupede che metaforicamente ha riferimento all'anima, ricorra nel ruolo di soggetto in ciascuna delle tre generazioni dei de Angelis. L'"essere" e il linguaggio sono una stessa cosa: la matrice, nel tempo, anziché alternarsi si è riprodotta.I periti nell'arte devono essere fatti (o lasciati) morire di morte lenta, perché in questa materia più s'indugia nei giudizi e meglio è. è frequentissima nella Storia dell'arte la rivalutazione tardiva di molti in un primo momento considerati con leggerezza e dalla moltitudine, poi - per sentito dire - posti in non cale" (Ottavio Pinna)

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